Mario Melis e l’indipendentismo federalista

Tutta l’esperienza politica storica e presente del PSd’Az può essere rubricata come federalista. Anche nella fase della svolta indipendentista degli anni ’80 del secolo scorso. Secondo i nostri canoni e in base alle dichiarazioni dell’epoca di Mario Melis quel tipo di indipendentismo non è definibile come repubblicano e nazionale bensì come federalista e unionista. Siamo di fronte ad un unicum nella storia politica europea, in nessun’altra nazione è mai stato utilizzato da grandi forze politiche il termine indipendentismo per significare la volontà di rendersi indipendenti per poi immediatamente federarsi allo Stato. Ciò emerge chiaramente dai concetti e dalla terminologia dello stesso Presidente Melis dove la Sardegna è regione, la nazione e il Paese sono l’Italia, l’indipendenza è lo strumento per realizzare il federalismo, l’indipendentismo non è separatismo, il sardismo è storicamente al servizio della costruzione nazionale, militare e partigiana italiana e il Presidente della Repubblica è il garante della non subalternità dei sardi a livello statale.

La riproposizione da parte nostra di queste dichiarazioni di Mario Melis non serve a criticarle, a criticare aprioristicamente tutto l’operato dell’ex Presidente della RAS o per marcare differenze già chiare tra il nostro indipendentismo repubblicano e altri tipi di indipendentismo bensì a rendere ancor più tangibile l’impellente necessità sia di un rinnovato e rinvigorito indipendentismo repubblicano sia di un autonomismo nazionale che, sotto stretta marcatura di un indipendentismo coerente, non lavora per l’affermazione della dignità dei sardi nel quadro italiano ma per l’affermazione del nostro diritto all’autodeterminazione nel quadro mondiale.

Il Presidente Mario Melis, alla guida della Regione Autonoma della Sardegna tra il 1984 e il 1989.

“Il federalismo non si realizza se non tra eguali. E la via è l’indipendentismo. E allora di che cosa si rammaricano i nostri amici di governo? E per la verità debbo dire [che si rammaricano] in misura ben minore perché forse proprio nei democristiani vi sono le basi di una cultura che, pur non essendo federalista, nei principi di una pur ridotta autonomia legittimavano la loro testimonianza politica. Di che cosa si lamentano? Che forse il nostro indipendentismo che è funzionale, base essenziale e irrinunziabile del federalismo… come possono mistificarlo con una forma larvata di separatismo che nel Partito Sardo non ne ha avuto mai, neppure nelle sue lontane origini, dai Bellieni ai Pilia, dai Lussu ai De Lisi e dagli altri che hanno tracciato queste pagine gloriose di storia, né mai si sono riproposte pur negli anni avvelenati e persecutòri del fascismo e neppure in quelli della Resistenza dove i sardisti erano testimoni e protagonisti. I sardisti morti nella Resistenza; io stesso ho i miei compagni di scuola o di banco da ricordare con affetto accorato, da Piero Borrotzu, oranese, a Demartis, cagliaritano; ma da coloro che sono andati a morire in Spagna come Zuddas, da coloro che per difendere la dignità della Sardegna e della sardità sono caduti vittime della violenza fascista come il cagliaritano Melis; da coloro che ancora sono qui a testimoniare questa forza morale che li ha visti protagonisti. Ne citerò uno solo perché questa assemblea lo ignora, perché non ne trae mai vanto ma che lo ha visto decorato in solenni assemblee da personalità che sono diventate capo di Stato, vivere l’esperienza drammatica del campo di concentramento tedesco: Nino Piredda. Combattente, ragazzo, dopo aver vissuto l’esperienza spericolata di quei missili o per meglio dire di quei siluri che venivano portati sulle navi, noti come maiali, guidati con l’uomo che stava a cavalcioni sul siluro sin quasi al bersaglio e così catturato nelle acque di Gibilterra e lì fatto prigioniero. Siamo noi gli anti-italiani? No, non hanno lezioni da darci, nessuno. Perché con dignità e forza noi ricordiamo che gli uomini nostri hanno fatto la Resistenza e ne hanno esaltato i valori. Non si chiamavano solo Emilio Lussu, i resistenti sardisti erano figure oscure, figure minori ma che sono andati col cuore gonfio di Sardegna a testimoniare una vocazione di libertà, di civiltà che ci onora tutti e che ha onorato la Sardegna ed anche loro che oggi ci rimproverano chissà quali colpe. Noi siamo testimoni di Storia e della Storia apriamo le porte, consapevoli del ruolo responsabile che ci è affidato. No, non siamo dei velleitari, non stiamo accendendo fumisterie generiche, rifiutiamo la subalternità, questo sì. La subalternità che ci è stata imposta, che non ci siamo scrollati di dosso neppure con un autonomismo che non ha risolto i nostri problemi. Siamo arrivati alla presidenza della Giunta regionale, portando il nome di Sardegna al di là dei nostri confini facendone crescere l’immagine, la dignità stessa della nostra Regione. Oggi quando parla il Presidente della Giunta regionale sarda si interessano i giornali nazionali, se ne interessano i giornali internazionali: siamo una parte viva, vitale, del mondo e nel mondo noi ci vogliamo inserire. Sardisti, stamane vi ho rivolto il mio primo saluto attraverso le parole affettuose e vibranti del Presidente della Repubblica [Cossiga] che è un sardo e ci conosce. Lui ci saluta e ci rende onore e con questo onore noi andiamo a contrastare quelle subalternità che il Paese ci vuole imporre e che proprio nel Presidente della Repubblica dovrà trovare il primo garante. Lottiamo insieme per una Sardegna che avanza nella Storia”.

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