Talamoni: senza indipendentismo l’autonomia è platonica

Durante l’ultima campagna elettorale è emerso un nuovo tipo di autonomismo ispirato a quello di altre nazioni senza Stato ha consentito la creazione di una coalizione sarda sostenuta anche dall’indipendentismo. Una dinamica politica inedita che rafforza la necessità di un indipendentismo rinnovato e riorganizzato che sappia recuperare la piena agibilità politica e il radicamento territoriale. Da anni alcune sigle storiche indipendentiste come iRS e ProgReS, affiancate da coordinamenti spontanei come Torra e, oggi, da decine di ulteriori indipendentisti, stanno lavorando assieme verso la semplificazione dell’offerta politica indipendentista e, in queste settimane, verso la costituente di un nuovo soggetto plurale dell’indipendentismo progressista.
Le vicende politiche della vicina Corsica possono insegnarci molto in tema di rapporti tra autonomismo e indipendentismo. Una recente intervista sul quotidiano Corse Matin a Jean-Guy Talamoni, ex presidente dell’Assemblea di Corsica, ci fa riflettere su questa interazione positiva.

Intervista di Julian Mattei per Corse-Matin. Traduzione helis.blog.

Le trattative istituzionali tra autonomisti al governo della Corsica e Stato francese, hanno tracciato le linee guida per l’inserimento in Costituzione dello status istituzionale autonomo della Corsica. Il presidente còrso Gilles Simeoni parla di un “passo decisivo”. Qual è la sua opinione?

Direi piuttosto che si tratta senza dubbio di un passo indietro. In ogni caso, non è all’altezza di quella che sarebbe dovuta essere una svolta storica a coronamento di cinquant’anni di lotta. Questa non è la soluzione politica che ci si aspettava. Anche se leggiamo la parola “autonomia”, non troviamo nessuno dei temi sostenuti dai nazionalisti per far fronte alla situazione subita dal Popolo Corso.

In che senso?

Penso in particolare alla diluizione del nostro popolo a causa dell’ondata di nuovi arrivi di cittadini francesi –  più di 5.000 all’anno – tra dipendenti pubblici e proprietari di seconde case. Una dinamica che avremmo potuto contrastare ad esempio con l’adozione della coufficialità della Lingua corsa, cosa che permetterebbe di integrarli meglio. Oppure tramite l’adozione dello status di residenza per bloccare l’emorragia in materia di lavoro in campo immobiliare o la corsizzazione dei posti di lavoro. La legge francese prevede la possibilità di tutelare l’occupazione locale e di limitare l’impianto di imprese provenienti dall’esterno. Di questo già beneficia la Polinesia francese. Ma tutto ciò è esplicitamente escluso dalle trattative sull’autonomia tra Governo còrso e Stato francese.

Nel 2018 lei era favorevole all’inclusione della Corsica nella Costituzione attraverso l’articolo 74, sul modello di alcuni territori d’oltremare. Cosa c’è di diverso da oggi?

Grazie all’articolo 74 l’autonomia della Polinesia si pone a un livello ampiamente superiore rispetto a quello che viene annunciato oggi per la Corsica. Nei nostri confronti Parigi impone delle cosiddette “linee rosse” invalicabili e afferma che non possano esistere due categorie diverse di cittadini dello Stato. Le cose non sono chiare. Non c’è nulla, in questo testo, che possa cambiare concretamente la vita dei còrsi. Ci stiamo muovendo verso un’autonomia puramente platonica. Gli autonomisti hanno commesso un grave errore nel 2022 legittimando un protocollo d’intesa che comprendeva queste linee rosse.

Cena delle trattative tra còrsi e Stato francese

Che cosa manca secondo lei?

Il peccato originale è stato il rifiuto ostinato dell’Esecutivo còrso di creare i presupposti per un rapporto di forza a nostro vantaggio nei confronti di Parigi, come abbiamo ampiamente raccomandato. Non si sarebbe trattato necessariamente di guerriglia in strada o di bombe. Bensì di mobilitare la maggioranza della società civile, che ci ha sostenuto, come per esempio il primo sindacato dell’Isola, nazionalista, per far valere il fatto di essere maggioranza. Gli autonomisti hanno preferito optare per una strategia di connivenza e sottomissione, arrivando addirittura ad accondiscendere alle ingiunzioni parigine ponendo fine all’esperienza dell’unione tra autonomisti e indipendentisti che portò alla creazione del primo governo nazionale còrso. Ora assisteremo al risultato. Detto questo, la politica del capro espiatorio indipendentista non porterà niente alla Corsica. Credo che dobbiamo guardare al futuro. Questo è ciò che stiamo facendo attraverso l’espansione del movimento indipendentista.

Stiamo assistendo ad una rifondazione del movimento indipendentista attraverso la creazione di Nazione, di cui lei è attivista. Cosa può offrire oggi la vostra parte politica indipendentista al nazionalismo còrso?

Dato il fallimento della strategia autonomista, che ha portato al caos, l’indipendentismo deve offrire l’opportunità del rilancio a tutta l’area. Il movimento nazionale, costituito da autonomisti e indipendentisti, punta certamente, nel lungo periodo, a riconquistare una forma di unità. Ma sarà necessario che gli indipendentisti giochino un ruolo centrale. Parigi ha capito bene cosa rappresenta questa nuova forza. Lo Stato francese si è affrettato ad attivare la morsa della repressione contro i nostri attivisti, poche ore dopo la costituzione del nostro rinnovato movimento politico chiamato Nazione. Segno che oggi ci identifica come i suoi principali avversari.

La nascita del vostro nuovo movimento Nazione è anche la dimostrazione che una fase si è chiusa…

La vita politica, come la vita in generale, è fatta di cicli. Con Corsica Libera, che ha partecipato al governo di unità nazionale con gli autonomisti, eravamo probabilmente arrivati ​​alla fine di un ciclo. Abbiamo scelto quindi di procedere con questo allargamento per costruire un’offerta politica chiara, un progetto indipendentista per inaugurare una fase che preveda un rapporto politico di forza con Parigi. Credo che questo sia molto più utile, in quanto i còrsi ormai hanno preso atto dell’inefficacia delle strategie messe in atto dagli autonomisti.

Assemblea fondativa di Nazione

In questa prospettiva, l’altro movimento indipendentista, Core in Fronte, può essere un partner?

In passato con Core in Fronte ci sono state differenze significative nella valutazione strategica. Rispetto la loro posizione, ma vedo che queste differenze esistono ancora oggi. A differenza della nostra deputata Josepha Giacometti, Core in Fronte era presente alla cena di Parigi durante la quale è stato convalidato questo accordo sull’autonomia. Dal nostro punto di vista, non sarebbe mai dovuto essere approvato perché non è all’altezza delle vittorie elettorali dei nazionalisti e non rappresenta in alcun modo una soluzione politica. Nel 2018 ci siamo ritirati da simili colloqui istituzionali perché non si era arrivati ad un livello soddisfacente. Per questo motivo, nel giugno 2018, mi sono rifiutato pubblicamente di incontrare il primo ministro francese Édouard Philippe.

Il FLNC è tornato in scena e ha riaffermato la lotta armata come metodo di azione. Questa strategia ha ancora un futuro?

Il Fronte nel 2014 ha preso un’iniziativa storica annunciando la sua uscita dalla clandestinità. Senza dubbio pensavano che il movimento nazionale, tra autonomisti e indipendentisti, avrebbe accettato di assumersi la responsabilità di tenerne conto. E sicuramente pensavano che la legge avrebbe sostituito le armi. Parigi non ha voluto tener conto di questo evento democratico. Ma i nostri ex alleati autonomisti di Femu a Corsica non volevano scommettere sul rapporto di forza al quale abbiamo già accennato e che Corsica Libera aveva richiesto sia internamente che pubblicamente. Questo è stato un errore. La prova è che se lo Stato ha accettato di avviare questo processo sull’autonomia è solo perché c’è stata una forte reazione popolare dopo l’assassinio in carcere del prigioniero politico còrso Yvan Colonna. Oggi è chiaro che la strategia autonomista non è stata in grado di offrire la soluzione politica attesa. La nostra terra continua ad essere venduta al miglior offerente, oggi più che mai. Il FLNC ha tratto le sue conclusioni. Tutto questo è un caos terribile, che sarebbe potuto essere evitato.

Parliamo della Collettività di Corsica. In Regione il vostro partito non è più al potere dal 2021 ma ha condiviso la responsabilità sul bilancio. Come valuta la gestione della Regione dell’autonomista Gilles Simeoni, che doveva segnare una rottura con le maggioranze precedenti?

È noto a tutti che anche nel momento in cui abbiamo avuto delle responsabilità istituzionali non disponevamo comunque del potere su questo settore. La gestione del personale e delle finanze è nelle mani di un solo uomo ovvero il Presidente dell’esecutivo, che ha concentrato tutti i poteri su se stesso. Ci è capitato di essere messi a conoscenza dei bilanci assieme all’opposizione. Questo è indicativo di un approccio particolare ed è chiaro che non abbia prodotto risultati positivi. Il debito che supera il miliardo di euro, l’assenza di progetti strutturali, il funzionamento dell’istituzione e la qualità dei servizi offerti ai còrsi dimostrano che le cose non funzionano. E ovviamente non è in discussione la competenza del personale. Anche il Presidente dell’esecutivo è oggetto di numerose critiche, anche tra chi lo ha votato.

Dopo il 2021 lei è piuttosto defilato dalla scena politica. Ha ancora ambizioni?

A titolo personale chiaramente no. Ho rifiutato anche di far parte dell’esecutivo del movimento indipendentista. Non per tirarmi indietro – non l’ho mai fatto – ma perché penso che occorra dare spazio ad una nuova generazione, e io ho lavorato in questa direzione. Rimango un attivista e sono ovviamente a disposizione del movimento, ma confido che i giovani lo guidino. Da parte mia ho una vita frenetica, sono avvocato, docente e ricercatore all’università, curo tesi di laurea. Credo che anche questo sia un modo per contribuire al futuro della Corsica.

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