La via uruguaiana all’indipendenza energetica

Un Piano Energetico Sardo come antidoto al saccheggio del territorio

L’Uruguay del Presidente Mujica ha ottenuto in 10 anni l’indipendenza energetica, liberandosi dalle fonti fossili

Simone Maulu

Portavoce di iRS

Secondo gli esperti del settore il piano energetico 2005-2030 approvato all’unanimità dal Parlamento uruguaiano è considerato un punto di riferimento mondiale su come la difesa dell’ambiente e le esigenze della società contemporanea siano pienamente compatibili. 

Nel 2016, in appena dieci anni, l’Uruguay, un piccolo Stato di 176 220 km² e circa tre milioni e mezzo di abitanti, ha raggiunto il 100% di produzione energetica da fonti rinnovabili. L’ex Presidente Pepe Mujica ha spiegato che le centrali eoliche in tutto il paese hanno permesso di abbassare i costi di produzione energetica di oltre 200 milioni di dollari all’anno e di ridurre le emissioni di gas a effetto serra dell’88%. Un altro risparmio importante è stato quello delle risorse idriche in quanto l’energia eolica ha sostituito quella idroelettrica permettendo alle dighe di trattenere l’acqua più a lungo, riducendo i periodi siccitosi fino al 70 per cento. 

Un’accelerazione incredibile se pensiamo che solo vent’anni fa il petrolio rappresentava quasi il 30 per cento delle importazioni dell’Uruguay e grandi che quantità enormi di elettricità venivano importate dall’Argentina la quale adesso, invece, la acquista dall’Uruguay. 

Il governo Mujica ha inoltre permesso la collaborazione tra il settore pubblico e quello privato. Le aziende private hanno realizzato le centrali eoliche con l’obbligo di vendere l’energia allo Stato a un prezzo basso ma fisso. In questo modo lo Stato ha la garanzia di avere sempre disponibilità di energia e i privati hanno la garanzia di avere un’entrata sicura pagata ad un prezzo equo e fisso. 

Un piano energetico che aveva come obiettivo quello di produrre energia nell’interesse della collettività, che è stato pensato e scritto in maniera condivisa e trasparente e che, di conseguenza, è stato votato all’unanimità. Un reale antidoto alla speculazione e al saccheggio dei beni collettivi. 

In Sardegna oggi viviamo in un vero e proprio Far West dove a farla da padroni sono gli speculatori e la criminalità organizzata che, col silenzio e a volte con la complicità della classe politica, si arricchiscono saccheggiando il nostro territorio. 

Già nel 2009 iRS denunciava la deriva mafiosa nel settore energetico e tra le tante battaglie fatte chiese al Consiglio Regionale sardo, attraverso una mozione, di chiarire se la ricchezza prodotta dalle fonti rinnovabili – sole, vento e acqua – dovesse andare a beneficio della collettività o a beneficio dei privati. A distanza di 14 anni e dopo diverse legislature il Consiglio Regionale non si è ancora espresso ufficialmente. Ma i fatti parlano chiaro in quanto nessun eletto si è mai attivato concretamente per bloccare questa indecente e umiliante speculazione ai danni del popolo Sardo.

Se guardiamo i dati di Terna sulle richieste di allaccio delle centrali elettriche alla rete, dopo la Puglia e la Sicilia troviamo la Sardegna con 718 richieste presentate, tra centrali eoliche e fotovoltaiche, per un totale di 56.700 megawatt. Una produzione energetica che, secondo fonti di stampa, soddisferebbe il fabbisogno di oltre 50 milioni di abitanti. Una follia se pensiamo che allo stesso tempo i sardi pagano le bollette più care dello Stato italiano.

L’altra umiliazione la troviamo nei contratti che i banditi in giacca e cravatta stipulano con i proprietari dei terreni sui quali vengono installate le pale: a chi mette a disposizione il terreno viene riconosciuto l’1% sulla produzione della pala mentre l’investitore si porta via il 99%. Inoltre al proprietario del terreno viene accollato lo smaltimento della pala eolica quando questa sarà giunta a fine vita. Questo trattamento è fuori da qualsiasi logica, non solo economica ma soprattutto umana, che sancisce che i Sardi valgono 1 e gli speculatori 99. Una mancanza di rispetto intollerabile. Allora qual è il ruolo della politica? Se la classe dirigente eletta in Sardegna non tutela gli interessi della collettività davanti ad un assalto senza precedenti come quello che stiamo vivendo viene naturale pensare che sia complice del saccheggio. Qui però entra in gioco il ruolo storico della collettività, del popolo. Se la classe politica non ci tutela noi, nel 2023, non possiamo avallare il concetto che le nostre comunità valgono 1 e gli speculatori 99. Non possiamo permettere che ci rubino il vento e magari contemporaneamente continuare a irridere quei sardi che cinquant’anni fa hanno svenduto le terre dell’attuale Costa Smeralda.

Sicuramente i tantissimi comitati che stanno nascendo per bloccare questa speculazione sono la conferma che questa classe politica è incapace di rappresentare le esigenze della collettività. Quindi noi oggi abbiamo una responsabilità enorme: quella di difendere la nostra terra da questo assalto senza precedenti, costringendo la classe politica a creare un Piano Energetico in maniera condivisa, sul modello dell’Uruguay, dove le ricchezze che generano le risorse collettive vadano a beneficio della collettività e non dei privati. 

Solo noi indipendentisti, assieme ai comitati e a tutte le sensibilità che hanno preso coscienza di queste dinamiche, possiamo bloccare questo attacco feroce alla nostra terra e alla nostra dignità. Lanciamo un messaggio forte allo Stato Italiano e ai criminali travestiti da imprenditori in modo che abbiano ben chiaro che la Sardegna non è terra di conquista e tantomeno ambisce a diventare la centrale elettrica dell’Italia. Qui c’è ancora un popolo. E il suo territorio nazionale non è in vendita.

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