Muore Johan Galtung, pioniere degli studi sulla pace

Johan Galtung, fondatore dell’Istituto Internazionale degli Studi per la Pace, è morto domenica 18 febbraio 2024 a 93 anni. È stato coinvolto in molti processi di pace e il suo lavoro accademico è stato utilizzato per la risoluzione di conflitti di tutto il mondo, compreso quello basco.

Johan Galtung, un punto di riferimento ineludibile nell’ambito della soluzione dei conflitti durante gli ultimi decenni, è morto ieri a 93 anni. Fondatore del “Journal of Peace Research”, è considerato un pioniere degli studi sulla pace.

Negli anni ’90 è stato ampiamente coinvolto nei tentativi di soluzione pacifica del conflitto nei Paesi Baschi. Nel 2017, invitato dal Social Forum a Pamplona per parlare a tutto campo sui baschi e gli spagnoli, pose una domanda innovativa: “Perché non puntare su una pace positiva nei Paesi Baschi?”.

Faceva riferimento ad uno dei principali temi del suo lavoro accademico, quello che illustra la differenza tra pace negativa – descritta in breve come l’assenza di un conflitto violento aperto – e la pace positiva, riferita a quella in cui le parti in conflitto cercano vie di collaborazione e cooperazione.

Un secondo tema fondamentale di Galtung è quello del cosiddetto triangolo della violenza, con il quale voleva sottolineare le differenti e complesse facce che può assumere la violenza, spesso ridotta solo al concetto della violenza diretta, la più ovvia e visibile di tutte. A questa ne aggiunse altre due: la violenza strutturale e la violenza culturale, meno evidenti ma non trascurabili se si deve parlare di pace. Di fatto Galtung individua in queste due violenze la radice della violenza diretta.

Oltre che nell’ambito accademico Galtung ha lavorato come mediatore in più di trenta conflitti in tutto il mondo. Nel 1987 ha ricevuto il Premio Nobel Alternativo e, sei anni dopo, il Premio Gandhi per la pace assegnato dal Governo indiano.

Testo liberamente tradotto da un articolo del quotidiano indipendentista basco www.gara.net

I baschi e una Spagna che non è la Svizzera, l’India o la Cina

Pubblichiamo la libera traduzione di un articolo su Galtung del maggio 2017 apparso su Naiz.eus a firma dell’allora direttore Ramon Sola.

Galtung ha scritto 50 libri ed è stato mediatore in 40 conflitti. È un intellettuale con l’ossessione della pace. Vive ad Alicante, quindi conosce lo Stato spagnolo.
Durante il Social Forum ha formulato una domanda: “Perché non cercare una pace positiva nei Paesi Baschi? E ha aggiunto varie altre affermazioni interessanti…

“L’idea di Franco e Rajoy [ex primo ministro spagnolo del PP] è che la normalità della Spagna è essere una, grande e libera. Ma questa non è una situazione che fa parte del nostro secolo”.

Nel suo “spagnolo vichingo”, con una lucidità notevole per i suoi 86 anni, il norvegese Johan Galtung ha preso parte ad Iruñea al convegno su spagnoli e baschi. Galtung vanta una biografia molto completa e conosce il mondo in generale. Ma conosce molto bene anche come funziona lo Stato spagnolo perché vive sulle sponde del Mediterraneo. Conosce otto lingue ma non è ancora riuscito a capire il Basco perché non ha trovato “un manuale introduttivo in dieci pagine” che gli desse delle basi. Considera questo fatto come dato esemplificativo del deficit generale dei Paesi Baschi: “voi baschi dovete comunicare meglio la vostra cultura, fuori da qui non si sa nulla di voi. Io viaggio molto e per tutti “basco” è sinonimo di “terrorista”, di ETA. Voi avete fatto un pessimo lavoro a livello culturale in Spagna”.

Ma Galtung ha attaccato altrettanto duramente la mentalità e lo schema politico spanolo. Il pezzo forte dei suoi studi accademici è il concetto di “pace positiva“, intesa come la situazione in cui nazioni diverse o semplici comunità umane si arricchiscono a vicenda. La contrappone alla “pace negativa“, definita come la mera assenza di conflitto. E crede che questa sia la situazione tra Euskal Herria e Stato spagnolo dopo il termine dell’azione armata di ETA.

Si è chiesto se la pace positiva possa essere accettata da entrambe le parti in causa ma ha espresso dubbi sul fatto che il centralismo dello stato spagnolo possa digerirla.

È appassionato del modello di governo svizzero: “3-2-1-1, ha riassunto questo intellettuale che, anzitutto, è un matematico”. In Svizzera hanno sette ministri, non 25 come in Spagna e in altri paesi. Di questi sette, tre devono essere di lingua tedesca, due di lingua francese, uno di lingua italiana e uno di lingua romancia”. È un notevole sistema per integrare le loro quattro nazioni. Al contrario nello Stato spagnolo troviamo “un governo nel quale quasi tutti i ministri sono castigliani” e “un Congresso dei Deputati nel quale si può entrare solo se si parla spagnolo. In Svizzera ciascun deputato parla la sua lingua e ognuno risponde nel proprio idioma. Ed è per questo che la Federazione Elvetica riesce a sopravvivere da 700 anni nonostante sia circondata da grandi potenze come la Germania, la Francia e l’Italia. Settecento anni! Non sono sicuro che gli Stati Uniti sopravviveranno così tanto. E neanche la Norvegia!”

La Spagna non è la Svizzera, è chiaro. Ma neanche l’India, dove il “federalismo linguistico” ci fa da lezione con la sua trentina di unità “ciascuna che parla la sua Lingua”. E non è neanche la Cina, un paese che si distingue per la sua strategia di “far crescere anche gli ultimi della società, dando la stessa importanza alla crescita e alla distribuzione”.

Tornando a Madrid Galtung ha esposto tre esempi: “Non si tratta di copiare gli altri ma si imparare qualche trucco, come il mutuo rispetto. I castigliani devono capire che nell’attuale postmodernità non c’è un’unica Spagna grande e libera. C’è molta prepotenza. Nei 193 Stati dell’ONU oggi vediamo all’interno di ciascuno di essi una media di dieci nazioni. E assistiamo allo sforzo generale per evitare che si crei una nazione dominante all’interno di ciascuno.

“Venti di questi 193 stati hanno in sostanza solo una nazione. E generalmente sono europei: nordici, tedeschi, italiani… ma gli spagnoli non hanno una sola nazione. I francesi hanno quella tendenza giacobina di dirigere tutto da Parigi. Madrid è una sua imitazione e questo è un problema per i baschi”.

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