Lluis Llach: “Tutte le espressioni artistiche hanno un risvolto politico”

lluis llach helis sardigna indipendentismo sardo anc assemblea nacional catalala
foto: Marcello Saba

Il 24 maggio 2025 Helis, in collaborazione con la FEM-Mare Nostrum e con il Baretto di Porto Ferro, ha ospitato Lluis Llach, l’iconico cantautore indipendentista nonché presidente di ANC, la più grande associazione civica catalana. Pubblichiamo il testo del suo intervento in attesa della prossima pubblicazione di un numero cartaceo di Helis dedicato all’evento.

Signore e signori vi ringrazio per la vostra curiosità e la vostra partecipazione; questo è il discorso di un uomo di settantasette anni che ha passato quarant’anni della sua vita a cantare e che ora è un militante, presidente dell’Assemblea Nacional Catalana.

Ho pensato che sarebbe stato interessante parlare con voi del rapporto tra cultura e impegno sociale. E questo rapporto è ancora più interessante quando parliamo di una lingua e di una cultura minoritaria, o meglio minorizzata dalle strutture politiche dello Stato, nel mio caso quello spagnolo, nel vostro quello italiano.

Ho pensato di iniziare questo intervento con un’affermazione forte che potrebbe sembrare persino esagerata: tutte le espressioni culturali celano un impegno politico, tutte, senza nessuna eccezione, e aggiungerei che bisogna diffidare da ogni protagonista culturale o politico che sostiene che la cultura non abbia, ne debba avere, un risvolto politico, un’affermazione del genere è di per sé spaventosa.

lluis llach helis sardigna indipendentismo sardo anc assemblea nacional catalala
Foto Marcello Saba

I manipolatori dell’opinione pubblica vogliono farci credere che la cultura debba restare incontaminata dall’ideologia. Ma la verità è che ogni espressione culturale nasconde sempre un contenuto ideologico impossibile da ignorare, anche quando è involontario.

Le espressioni artistiche del passato erano abitualmente foraggiate da persone vicine al potere, fosse esso religioso, politico o economico, e spesso questi poteri, mescolati tra loro, dovevano compiacere gli interessi e i gusti dei nobili, dei vescovi e dei re, se volevano continuare a godere dei loro privilegi. È impossibile negare che l’intera produzione artistica del passato – che fosse musicale, pittorica o letteraria – fosse al servizio degli oligarchi e degli interessi che essi imponevano alla società. E indubbiamente, queste stesse espressioni culturali, giunte fino a noi e di cui i cittadini del XXI secolo possono ancora godere, sono rappresentative di un potere che si alimentava proprio sulla schiavitù di gran parte della società.

Eppure, oggi come ieri, è curioso come parte dell’opinione pubblica voglia ignorare che la cultura e le espressioni artistiche abbiano sempre un contenuto ideologico. A volte, anche in certi ambienti politici, si crede che un’ideologia politica possa in qualche modo minare l’espressione artistica stessa. Tuttavia, se in qualche caso ciò può essere vero, dietro ogni espressione culturale c’è sempre un contenuto ideologico difficile da respingere, sia per la sua presenza che per la sua assenza. Come sarà difficile affermare che la musica religiosa o l’opera sovvenzionata dall’alta borghesia o dall’aristocrazia non portino con sé un’ideologia, cosa potremo mai dire delle espressioni artistiche attuali?

lluis llach helis sardigna indipendentismo sardo anc assemblea nacional catalala
Foto Marcello Saba

È evidente che c’è stato un cambiamento radicale. Con il progressivo arrivo delle scoperte tecnologiche, dalla scoperta dell’elettricità e le sue varianti applicate alla comunicazione (radio, televisione, fino all’arrivo di internet), le espressioni culturali hanno iniziato a godere di un’espansione popolare molto più ampia. Oggi la cultura e le espressioni culturali incidono sull’andamento del potere quanto nel passato?

È chiaro che alcune di esse continuano a essere dominate da élite, economiche o amministrative. L’esempio più evidente sono quelle forme che necessitano di sovvenzioni, come l’opera o la musica classica, dove l’idiosincrasia artistica o culturale ne intralcia la divulgazione, proprio come nel caso della pittura. Ma che dire della musica popolare? Quella che ascoltiamo in radio, in televisione, su internet e che i nostri figli ballano e ascoltano, con visualizzazioni milionarie?
Anche questa musica ha un’ideologia?
Ricollegandomi all’introduzione del mio amico Simone Maulu, io sono un cantante catalano e mi definisco tale perché quando ho iniziato a cantare il mio scopo era quello di tenere in vita la lingua catalana in tempi in cui lo stato spagnolo era governato dal generale Franco, tempi in cui, proprio come ancora oggi accade nella Spagna di origine castigliana, l’annientamento della nazione catalana e della sua lingua rappresentava un chiaro obiettivo della repressione spagnola.

lluis llach helis sardigna indipendentismo sardo anc assemblea nacional catalala
Foto Marcello Saba

Queste motivazioni, le mie profonde preoccupazioni sociali, in un’epoca di palese violazione dei diritti umani, mi hanno spinto verso quella che molte persone in tutto il mondo chiamano “canzone di protesta”, Dagli Stati Uniti alla Francia, dall’Italia alla Catalogna e il Cile la cosiddetta “di protesta” è quella canzone che si fa voce di liberazione, di lotta contro le ingiustizie, o quantomeno mette in discussione il sistema socio-economico e politico. Personalmente, preferisco chiamarla ‘canzone civica’, poiché è proprio in questo caso che la musica si fa portatrice di temi universali: i problemi umani e sociali, individuali o collettivi, sempre nell’ottica dei diritti, della giustizia, dell’equità, dell’utopia e della speranza.”

Molte persone, compresa l’opinione pubblica, si sono abituate a parlare della canzone di protesta come di una canzone esclusivamente politica. E qui io vorrei denunciare un grande errore concettuale, perché con questa affermazione è come se negassimo che le altre canzoni, quelle che chiamiamo commerciali, non abbiano un contenuto politico. Come se queste canzoni che sentiamo ogni giorno alla radio, alla televisione, su internet, siano politicamente neutrali. E questo è un grande errore. Se mi è consentito aggiungerei che si tratta di un errore indotto.

lluis llach helis sardigna indipendentismo sardo anc assemblea nacional catalala
Foto Marcello Saba

La cosa più assurda è proprio che i media, le case discografiche e i manipolatori dell’opinione ci fanno credere che la canzone di protesta sia politica e la canzone commerciale no. Ed è una grande menzogna. Permettetemi di dire, forse con un linguaggio non troppo appropriato, che se le canzoni vanno contro il sistema socio-economico e culturale dominante, vengono definite politiche, ma se le canzoni sono a favore del sistema dominante, vengono definite non politiche. Falso. Questo perché, queste ultime, quelle commerciali, con la loro diffusione, favoriscono la prevalenza e la sopravvivenza di un sistema di valori che alimenta l’immobilismo della società frenando e impedendo l’evoluzione verso un progresso. La cruda realtà è che, o le canzoni sono impegnate contro il sistema o le canzoni sono impegnate a favore del sistema. Io sono tra coloro che pensano che ogni espressione artistica contenga un insieme di valori umani e sociali espliciti, o impliciti, volontari o involontari. Direi che è inevitabile.

Il sistema che ci domina riconosce l’ideologia politica solo nelle espressioni che lo contestano. Ma chi non lo disturba, viene considerato non ideologico. In realtà, queste stesse espressioni sono parte integrante del corpo semantico e dei valori che sostengono il sistema. Pensiamo alle canzoni commerciali, d’amore o di puro divertimento.

Basta un attimo per notare come le canzoni commerciali d’amore siano piene di concetti patriarcali, maschilisti, possessivi e, spesso, di sottomissione delle donne ridotte a meri oggetti sessuali. È uno scandalo!
E la cosa ancora più grave, in questo mondo orientato al commercio, è che persino le donne, quando cantano delle loro relazioni con gli uomini, usano gli stessi concetti patriarcali, maschilisti, possessivi e di sottomissione sessuale. È incredibile!
Ma, curiosamente, la maggior parte delle persone non riesce a percepire l’enorme peso politico di tutto questo, né a denunciare il processo coercitivo che tale dinamica esercita sui valori di adolescenti, giovani e meno giovani.

foto: Marcello Saba

E, naturalmente, se questo accade in questioni tanto intime come l’amore, cosa dobbiamo aspettarci per gli aspetti fondamentali che condizionano la nostra società? Cosa succede a concetti come l’uguaglianza, la fraternità, la giustizia, la libertà, che definiscono i parametri politici ed economici di una società, e ai quali il potere vuole imporre un preciso modo di funzionare?

Non vorrei dilungarmi, ma prima di concludere ringraziandovi per la pazienza, vorrei raccontarvi una conversazione che ho avuto, anni fa, con un cantautore che ha lasciato la musica per diventare un importante dirigente di una casa discografica che negli anni 80’ e 90’ è stata una delle più grandi al mondo e di cui tutti conoscete il nome.

Seduto nei suoi uffici, mi ha detto di quanto ammirasse il mio lavoro di cantautore e la mia volontà di rendere il nostro mondo più giusto, equo e libero. Mi confessava che anche lui aveva condiviso questa idea, quando era cantautore. Poi, con un’espressione molto convinta, mi ha detto:
“Ma Luis, voi non avete nulla da fare. L’industria discografica difende la propria economia, ma conosce perfettamente il suo impatto comunicativo sulla gente e, soprattutto, difende il sistema dai valori politici che sostengono questa economia e il suo funzionamento. Parliamoci chiaro,” mi diceva, “le industrie discografiche fanno anche ideologia. Mentre voi con la vostra chitarra cantate che vorreste cambiare il mondo, noi inviamo milioni di messaggi che i bambini imparano quando escono da scuola, mentre ballano e cantano le nostre musiche. Messaggi che i giovani imparano anche mentre fanno l’amore. E che persino i vecchi ascoltano, ormai rassegnati all’idea che non ci sia più niente da fare. Non vincerete mai questa battaglia,” mi diceva, “perché in realtà, Luis, questa è una guerra troppo importante e noi abbiamo le armi migliori.”
Se questo era possibile negli anni ’90, perché non dovrebbe esserlo oggi? Con l’avvento delle nuove tecnologie, con il potere sempre maggiore di controllare la nostra vita, la nostra privacy, e con la disinformazione a cui siamo esposti ogni singolo giorno. E allora vi chiedo, vi lascio questa domanda: il declino democratico delle nostre società, l’ascesa del parafascismo, la perdita dei valori umani nelle nostre relazioni, l’arrivo di una mediocrità spaventosa negli ambiti del potere, la caduta dei media nelle mani di un’oligarchia folle che punta a dominare il mondo… non hanno forse un legame profondo con quanto stiamo dicendo?”

lluis llach helis sardigna indipendentismo sardo anc assemblea nacional catalala
Foto Marcello Saba

Siamo nel 2025. E siamo qui, in Sardigna. E se per la maggior parte degli esseri umani l’orizzonte del futuro appare luminoso, non è così per i cittadini che appartengono a nazioni come la Catalogna o la Sardegna. A loro, la follia della storia non ha concesso il diritto di avere uno Stato. Vivono e vedono la loro realizzazione collettiva, economica e sociale non dipendere dalla loro volontà, ma dal potere di uno Stato che li percepisce come distanti, quando non addirittura come nemici.

Per questi aspiranti cittadini della Catalogna o della Sardigna, che vedono la loro lingua, la loro cultura e la loro personalità continuamente marginalizzate, la strada è ancora più impervia. Se, come dicevo, per ogni essere umano è già difficile realizzarsi individualmente e collettivamente in un mondo così inospitale, per noi che viviamo in paesi o nazioni senza il diritto di decidere collettivamente chi, cosa e come vogliamo essere, il percorso è ancora più arduo.
Questo perché la sopravvivenza stessa dei nostri paesi, delle nostre nazioni, dipende dal mantenimento della nostra lingua, della nostra cultura e della nostra vera storia; non quella falsata da chi detiene il potere. Tutto ciò è assolutamente necessario.
Vi incoraggio a lottare per un mondo migliore, che significa lottare per una Sardegna pienamente libera.

lluis llach sardegna sardenya cerdena anc assemblea catalunya